sabato 16 marzo 2019

TRE CLIENTI


Tre signore con i mantelli rossi camminavano sul ciglio della strada.
Le scarpe tutte nere facevano scricchiolare l'ultima neve caduta.
Grrrup.Grrrup. Grrrup.
Quello dei passi sulla neve fresca era un rumore che Gertrude aveva sempre trovato insopportabile. Forse più del gessetto sulla lavagna.
Qualche fiocco cadeva ancora, lento e morbido, nel giorno che diventava notte piano piano.
L'aria era pulita e tersa, sembrava ferro trasparente e liquido. 
Tre gufi erano fermi sul parapetto per metà arrugginito: due girati verso la strada, uno, quello in centro, girato di schiena.
Un gufo teneva gli occhi chiusi, un altro aperti , gialli come due fari.
Il gufo che stava in mezzo, quello che dava le spalle alla strada, teneva un occhio chiuso ed uno aperto ma le tre signore non potevano vederlo.
Anzi, nessuna delle tre signore si era accorta della presenza dei gufi.
I gufi non dormivano. nemmeno quello con gli occhi chiusi.
I gufi, per quello che ne sappiamo non dormono mai.
Le signore con i mantelli rossi, invece, ogni tanto dormono. Ma ora non dormivano, stavano camminando sotto la neve.
I gufi, silenziosi, invece, stavano fermi.
Lontano un belato, vicino uno squittio e su in cielo un urlo acuto.
Un po' di asfalto traspariva attraverso la neve sottile e gelata, ma per il resto tutto era bianco. Bianchi i campi, bianchi gli alberi e i tetti, bianchi i margini della strada ed i recinti. Bianchi erano anche i sentieri battuti che si dipartivano di qua e di là. Bianchi i contorni delle stalle e gli anelli attorno ai camini.
Nera scendeva la notte.
Veloci le tenebre scivolavano sul manto bianco rendendolo prima grigio ed indistinto, poi, mano a mano che gli occhi si dilatavano, con l'aiuto della luna, le superfici diventavano opalescenti e quasi irreali.
Alle spalle delle tre donne il sole aveva oltrepassato la linea delle irte colline, di fronte a loro ancora una vetta scintillava sulla cima nutrendosi degli ultimi raggi che la sfioravano.
Ancora qualche secondo e poi , unica luce, sarebbe rimasta la luna.
Pochi minuti prima Gertrude e le sue amiche avevano camminato, quasi passeggiato, con il sole che le riscaldava le spalle. Avevano indugiato, chiacchierando e guardandosi attorno. Tanto all'arrivo dei primi clienti mancavano almeno più di due ore.
Ora, superate dalla linea delle tenebre accelerarono il passo e presero a respirare con più affanno.
Gertrude, Matilda e Soraya.
Bionde le ultime due e more la prima. Nessuna aveva i capelli del proprio colore naturale.
Gertrude alzò la testa:"Domani, se mi hanno aggiustato la macchina, scendiamo giù in città a comprare qualcosa?"
"Io ho bisogno di una pelliccia" disse Soraya, "ma mi sa che opterò per un cappotto".
"Un altro?" le fece eco Matilde.
"Si, un altro, un altro perché questo che ho addosso non mi piace più, è vecchio e mollo e mi cade addosso come fosse uno straccio"
Gertrude rise e disse che se non sapeva più che farsene poteva regalarlo a lei, visto che anche gli stracci la facevano sembrare una principessa.
Il freddo cominciava a farsi sentire, penetrando il cuoio delle scarpe, arrossando naso e guance ed accarezzando le fronti.

La luce gialla illuminava poco e male la neve davanti al "Coniglio Viola".
Un faretto sopra la porta a forma ovale e qualche fessura di luce che filtrava dalle sei finestre, era tutto ciò che si vedeva.
Così sotto la neve e poco illuminato, poteva davvero assomigliare alla tana di un coniglio, o per lo meno la ricordava un po'.

Pochi minuti dopo un uomo grande e grosso aprì la porta e Gertrude, Matilda e Soraya entrarono una dopo l'altra, a testa china nell'atto di tirasi giù i cappucci.
Come tre brave conigliette si infilarono nella tana. L'uomo in abito scuro diede un'occhiata all'esterno e poi entrò anche lui chiudendosi la porta alle spalle.
La luce che per un attimo aveva illuminato il viottolo di entrata scomparve assieme alle tre donne e sulla strada rimase solo il silenzio ed il lieve ronzio, quasi elettrico di tre gufi, gli stessi di prima, che stavano ore posati di fronte al Coniglio Viola, appollaiati sulla staccionata di legno. Quello di destra aveva gli occhi aperti, quello di sinistra li teneva chiusi e quello in mezzo dava la schiena al locale e non si poteva vedere come tenesse gli occhi, ma supponiamo che ne avesse uno aperto ed uno chiuso.
Tre occhi gialli aperti e tre chiusi. 
Tre gufi sulla staccionata che ronzavano piano piano, nel freddo della notte.
Se nessuno li avesse disturbati, sarebbero rimasti li a vegliare per tutta la notte.
Grrrup.Grrrup. Grrrup


La neve scende leggera.
Un sottile vento la soffia.
I fiocchi si sparpagliano.

La notte arriva nera.
Il gufo la ringhiera graffia.
Gli asini cupi ragliano.


Un cane abbaia.
Un occhio si schiude.
Due restano, quattro vedono.

Allegra è Soraya.
Senza il vestito Gertrude
Matilde in ginocchio chiede perdono.


Di quattro gufi ne manca uno.
Nessuno l'ha mai visto.
Ma allora esiste?

Nella stanza entra qualcuno.
Ha uno sguardo sinistro.

Scende la veste? Resiste?

CONTINUA.......



di Luca Oddera

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