PENSIERINI


NON PERDIAMO IL FILO
di Primo Campos
traduzione dal castigliano di Romina Farias

I ricchi, qui, in questa isoletta di pettegolezzi e ipocrisia, fanno finta di essere poveri, un pò per paura degli altri, per paura di dare, un pò per paura di fallire, un pò per far finta di essere di quella generazione "fatti da soli" che tanto ci piace nei film non decadenti.
I poveri fanno finta di essere ricchi, muoiono di debiti e rate e si aggirano in posti sbagliati, su macchine sbagliate, con vestiti sbagliati, con femmine conciate come pagliacci pronti ad esplodere. 
Fanno cene sbagliate ed acquistano oggetti sbagliati. 
Sono fuori luogo come un barbone ad un cocktail party in un verde prato sotto ad una bianca cupola in ferro battuto e ricamato.
Il coniglio gigante gira attorno ai ricchi pezzenti ed ai poveri lussuosi, indisturbato perché invisibile ai loro occhi stanchi di contare, misurare, studiare di sottecchi, soppesare, fare brevi previsioni.
Il coniglio gigante si aggira attorno a loro, dando, di quando in quando una culata qui una là. 
Questo si, qualche volta lo sentono, sentono sospingersi un pò, ma la loro domanda rimane sospesa solo per qualche istante, poi tornano alle loro occupazioni di milionari da strapazzo, da barboni al caviale.

Quando perdi quel filo che ti permette di correlare le cose tra loro con parole che escono da sole senza il bisogno ne di pensarle, ne di volerle, ne di immaginarle, allora sei smarrito come un bimbo e come un bimbo ti comporti.
Quando lasci andare quel filo che ti tiene legato ad un mondo che sarebbe meglio non dimenticare mai, diventi come un bimbo capriccioso anche se hai cento anni.
Quando perdi il filo non ti resta altro che pensare ai denari, ai lussi, alle migliaia, milioni di oggetti-sciocchezza che fanno finta di riempire ogni buca e spianare la strada per un regno dei cieli fatto di metamfetamine e barolo.
Piccoli interessi, passatempi inventati da produttori di marchingegni di ogni sorta, alcolismi da romanzetto, spacciatori a tempo perso derisi anche dall'ultimo dei poliziotti, sportivi della domenica figli della noia, letterati da antologia la cui penna sigla assegni ed appunti per la spesa da ormai innumerevoli anni, suonatori da strapazzo che elemosinano qualche quattrino in cambio di una pallida copia del divino spirito dell'arte, ribelli incatenati in un'immagine talmente triste che se si fossero visti vent'anni prima avrebbero implorato il loro migliore amico di ucciderli.
Non abbandonare mai il filo è impossibile, perderlo e ritrovarlo è accettabile, perderlo e cercarlo sempre è tutto ciò che possiamo fare quando nessuna luce ci illumina il cammino, non sapere che esiste è bestiale ed animalesco, averne paura è tipico degli sconfitti ma far finta di niente è diabolico e punibile più di ogni altro crimine, farne una bandiera è patetico ed affettato.


DAL VILLAGGIO ALLA CITTA'
di Felix Mutola
traduzione dal portoghese di Hara Cecilia

Strani animali si aggirano per i quartieri alti della città. 
Ma ancora più strani, incoerenti e bestiali nei loro comportamenti sono quelli che si aggirano per le vie di tutti i giorni.
Animali che camminano in circolo senza meta, che si nutrono degli avanzi gli uni degli altri, animali pieni di risposte ma senza una sola domanda.
Scambiano foglietti con stracotti, e atteggiamenti studiati e impostati con spruzzate di coda su cassonetti di cristallo illuminati.
Come un lupo famelico e grassottello uno di loro accosta una grande vetrata, annusa l'aria e rimane paralizzato dallo stupore, invaso da un senso di pienezza,inebriato dai colori, l'istinto scatena un mare di ormoni, la sua immaginazione lo veste di scintillanti abiti che lo renderanno forte, attraente e desiderabile come un orso puzzolente e sanguinante di fronte alle sue femmine.
Il lupo ha una borsetta, la apre, conta i foglietti, sorride, oltrepassa lo specchio di cristallo e qualche minuto dopo ne esce soddisfatto, pieno, completo e migliore. Ma, sempre a quattro zampe, riprende il suo cammino circolare.
In mezzo agli animali, spaventati e talvolta inermi si aggira una ridotta moltitudine di esseri superiori, di esseri sconfitti e bistrattati, di esseri che camminano con i loro pensieri a due metri da terra e l'anima in cielo.
Gli esseri bipedi si riducono di numero di giorno in giorno, qualche volta si accucciano e camminano anche loro a quattro zampe, per non attirare l'attenzione, per non essere derisi, per non essere guardati.
Musici, saltimbanchi, scienziati, compositori di pietre, terra, parole, suoni e pensieri. 
Esseri che vivono mischiati non al branco ma al gregge di lupi impecorati di trucchi e tessuti colorati. 
Ovali lamierini avvolgono animali da corsa che troppo raramente si spiaccicano allo scarto successivo.
Diminuiscono di numero, forse solo di proporzione, coloro che, eretti, passeggiano e si spostano sulla terra, sospinti dalle masse milioniche se non miliardiche di bestie mai accecate da luci naturali, mai assordate da suoni di tempesta, mai inebriate da profumi di vento.
Come isole alla deriva vagano nel mare contando qualche volta le onde ma guardando oltre più spesso, per vedere se oltre l'ultima ondata non arrivi per caso un angelo.
Un angelo di saggezza, di giustizia, di perseveranza, di concretezza ed amore. "Spirito della bellezza," dicono di quando in quando, "dove sei finito? Dov'è quell'angelo che con spada e carezza consegnava le anime indegne ad un'indegna vita?"
Ed intanto abbassano il capo per non vedere, curvano la schiena per non essere visti, visitano piccoli pensieri per non essere sentiti.
Ma quando si ergono, quando splendono radiosi su due zampe e lanciano fulmini ed aliti di umanità che coprono i suoni del mondo, allora questi animali bipedi, perdono il loro rango di creature terrene e noi povere bestie, crediamo di vedere dio, di vedere la fine di tutto quello che non possiamo capire. 
"Facci sapere" dice il branco, "facci vedere" urla il gregge, "facci sentire" sospirano le mandrie.
Ed ecco che l'incanto ricomincia, giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Una parola un fremito, un gesto un ordine, un pensiero un comandamento. 
"Stupide bestie!"
Eppure, in numero sempre inferiore a quello necessario per sopravvivere, l'anima luminosa, il bipede non più incerto, il signore degli animali, si cela anche in esseri che vivono in misura ridotta, che non agiscono da altalene dell'anima della massa inerte.
La maestra. il dottore, l'avvocato che abbandona la poltrona. 
Il legnaiolo che abbraccia la fede dell'albero, il cacciatore che sente dolore ad ogni sparo ma che non smette, il viaggiatore che lascia le ali agli aerei e cammina leggero lungo le strade di asfalto che fanno da pista alla mandria.
Il povero elettricista che ha capito il significato della luce più del professore che glielo insegnò.
L'oracolo del mattino è sceso dalla duna, è uscito dalla gola e resta eretto dietro un bancone mattutino a distribuire brioche e caffè, ascoltando ed elargendo il suo sapere come se un dono di clemenza lo avesse convinto che l'animale che si abbevera alla tazza di fronte a lui meriti qualcosa di più di quel che sa.
Il martire ha abbandonato la pista polverosa che lo condusse a Damasco ed ha acquisito l'autorità di paroliere vendendo frutta in un mercato di ortaggi biologici. Rimane intonso il suo corpo ma lui stesso flagella e sfracella la sua anima ogni giorno di fronte alla stessa constatazione, al medesimo piccolo sentimento, davanti all'ennesima iniqua piccola cattiveria.
Il martire abbandona l'incomprensibile e spaventosa corona di spine e veste la bustina multicolore impostagli dal ben pensare animalesco che si spaventa giorno dopo giorno del suo stesso immenso numero.
Con grembiule e bustina si lascia crocifiggere giorno dopo giorno su una triste croce fatta di carote, sedani e finocchi, ravanelli e patate. Tutti rigorosamente biologici, biochimici, bio-naturali, dal profumo intenso ed il colore perfetto per aderire a stomaci sempre più intolleranti
La sera, come legge prevede, la croce viene smontata, i chiodi-carota asportati, la bustina bicolore riposta e la strada verso il sonno si colora di sogni lontani.
Ogni mattina, eternamente, carota dopo carota, sedano dopo sedano la croce si ricompone e riemerge dai banchi di frutta.
Colui che non abbandona la via per discendere meramente lungo il fiume, assieme alla corrente,colui che con fatica cerca ancora di compiere tutto il tragitto sulle proprie gambe, colui che caccia con arco e frecce e cucina con una vecchia padella su incrostati fornelli, sa che il premio non esiste, che la ricompensa non arriverà, che alla fine, poco prima che la sua fiamma si spenga, tutto quello che potrà fare, forse, sarà tergere il sudore dalla propria fronte, il sudore di tutta una vita, strizzare lo straccio e stillarne un unica, piccola, timida goccia di umana verità, di significato, che lascerà cadere nella vana, ma importante, speranza che venga colta prima che tocchi terra e venga assorbita dalle secche crepe del fango.
L'ammaestratore di animali è di per se più alto e luminoso del giocatore di pallone, allo stesso modo in cui il lanciatore di martello è più robusto della graziosa modella.
Il saltimbanco si piscia sotto dalle risate quando guarda l'uomo comune contorcersi in una grottesca capriola da ubriaco, ma poi, la sera, di nascosto piange lacrime fredde.
Il venditore di tabacchi non si fa domande mentre quello di birra si chiede ogni giorno se quella che percorre è la strada giusta.
Tutto quello che cresce e si compone come atto di vita pura si snerva poi in filacci di ovatta quando la mandria lo scopre e ne prende in prestito il corpo per farne caricature infinite e grottesche, appiattite e superficiali che tendono a modelli, si trasformano in moda e vengono dimenticate come vecchi giocattoli.
Così il cow-boy si vergogna del cappellaccio, l'esploratore abbandona i suoi portatori, il centurione getta la lorica ed indossa le braghe di tela, il faraone arrotonda e rimpicciolisce la piramide, il paroliere scrive banalità, il suonatore di suoni abbandona la sua arte in favore del rumore, il pennello diventa getto di inchiostro ed il sublime messaggio per orecchie fini si trasforma in un'accozzaglia di rumori adatti ad ogni tipo di udito, adatto, quasi quasi, anche al sordo.

Le farfalle nere perdono colore, allargano le ali e gettano un po di luce sulla leggera tela della zanzariera nell'esatto momento che il piccolo Samuel apre gli occhi al mattino.


GUERRA
di Primo Campos
traduzione dal castigliano di Romina Farias

     Guerra male dell'uomo, o uomo male di tutte le guerre?
Salta su che ti do un passaggio sembrano dire le guerre agli uomini che osservano il fiume.
Che possa la vita divenire un deserto in lunghi anni senza guerre? 
Chi può saperlo? 
Non certo la nostra storia, la storia di questo mondo che non conosce ere di pace. Un litigio, una litigata, una scaramuccia, una scrollata, una rappresaglia, una protesta, una sommossa, una battaglia, una guerra.
Altrimenti, con il caldo del pomeriggio la palla di neve si scioglie lentamente e resta una piatta distesa bianca.
Il significato non corrisponde all'aspettativa, il senso dello scontro non sta mai nel fine e nei partecipanti, niente vinti ne vincitori, tutti vincenti coloro che sopravvivono a scapito dei morti. 
Il morto, uno o migliaia, è il residuo di un mutamento ineluttabile quanto le sabbie del nord, quanto le sorgenti del fiume, quanto questa savana che stenta a cominciare.
La rivoluzione, tanto desiderata, sostenuta, voluta, mitizzata, non è altro che fucile e preda, pallottola e torace, coltello e sangue, violenza e occhi umidi.
Guerra è un altro nome. 
Non c'è giusto o sbagliato, non esiste nemmeno più un sopra od un sotto. 
La tirannia cade ed il popolo uccide, la democrazia sorge e qualcuno soffoca l'invidia nel malumore, nel malcontento, nell'animosità, nell'irrequietezza, placate da una tv gigante e da un'auto alla portata delle tasche più misere degli uomini più pigri.
Salirebbe dunque un ruggito se mai lo potessimo udire. 
Ma se l'orecchio fosse adatto ad udire antichi suoni si scomporrebbe il grido di guerra del leone in un milione di belati gementi, noiosi ed annoiati che mai salgono l'uno sull'altro, mai si distinguono per paura di essere uditi singolarmente.
Scopri, se ascolti con concetto, che la pecora laggiù sulla destra, grida cose che il suo vecchio Dio non voleva sentir dire, la sua smania di ribellione, di libertà, di autoaffermazione si lascia andare in pubbliche parolacce ed in tatuaggetti "pseudomarinariannicinquantasessantaoldstylescorpioncinofarfallasignifacantiprofondiconcetticinogiapponesidibaliegittoindiafinesettantaconcamaleonteedindianonorddakotamortodivaiolounsecolofa".

L'odore del culo della star del rock scende dal palco come una densa nebbia. L'uomo è libero di agitare le proprie natiche nude sul palco della vita, è libero di esprimere un sesso che non è suo e nemmeno di un suo lontano parente, liberi tutti di fare quello che vogliono. 
"Scopa pure tuo cugino e tua sorella assieme" gli dicono i potenti strizzando l'occhio, dipingiti il capello e le unghie, sii più strano che puoi, perché sei libero di farlo, anzi di esserlo, l'importante, ma questo non te lo dobbiamo dire, è che tu faccia ciò che ti viene detto e sopratutto che tu sia come ti abbiamo insegnato, che tu non dica ciò che non va detto.
In fondo che ci importa se l'elettorato è nudo, dipinto o canterino, l'importante e che tutti sappiano scrivere il loro nome e se proprio non si ricordano come si fa non c'è problema, facciamo in modo che basti apporre una croce.
Sei libero, in questo tempo di pace di esprimere le tue idee, tutte, tranne quelle che tutti non vogliono sentire.
Basta che tu sia "politicamente corretto", che non tocchi i nuovi dogmi del ben pensare ed allora puoi dire e fare ciò che vuoi.
Puoi fare sesso di gruppo in una stanza adiacente al bancone del bar e questo non è male; ma non dire handicappato!
Puoi fumare un pezzetto di hascisc in libertà sommessa ma non dire mai che tuo nonno, quello che la mamma si vergogna quando parla, aveva ed ha ragione, no questo no. 
Invece va bene quello che dice l'altro nonno, quello che invece che essere onesto e serio, si gioca un quarto di pensione al bar e cristona contro coloro che gli permettono di farlo.
Le sigarette fanno male mentre la "droga bianca" è tutelata come un conto in banca.
Sei libero di acquistare una tv grande come un cinema ma non di possedere "Cannibali e re" o "Sterminate tutti i bruti".
Hai l'infinita scelta di mille canali tutti uguali ma non quella di rigirarti per le mani uno Zarathustra commentato.
Puoi andare dove vuoi in quei quindici giorni di libertà ma non quanto vuoi, perché  il tempo e le distanze sono una miscela troppo esplosiva.


BRUTI, BRUTTI E ABBRUTTITI
di Primo Campos
traduzione dal castigliano di Romina Farias

La volontà, da parte degli uomini, di essere comandati è talmente forte e radicata che la storia diventa un romanzo che parla di schiavi e padroni, dall'inizio fino a ieri. 
Cambiano i modi di chiamare le persone, i popoli, le classi, ma la sostanza resta intatta. 
Masse di schiavi che lavorano e svariate elite ne godono i benefici. 
Elite composte da persone, il più delle volte più intelligenti o scaltre della media, altre volte da omuncoli capitati per caso al potere. 
Proprio quando l'uomo comune sale al potere, il potere crolla come un castello di carte mal fatto. 

Il potere non esiste, però esistono uomini che lo praticano.

Giorno dopo giorno, guardandoci attorno vediamo in opera il potere, il carisma che emana da alcuni e abbaglia i molti.
Emulazione sfrenata, sottomissione felice.
In questo mondo che ci circonda per non molti chilometri, l'effimera aura carismatica di mediocri principi del pallone, della nota, della parola parlata, dell'abito a la page, del nulla più assoluto, gode di potere illimitato.
"Non so indossare un vestito che non mi sia imposto" dice il cretino, "Non ho orecchio che per la musica che tu, mio dio e signore, non mi propini" urla lo stupido.
"Lo schermo mi da mille opportunità tutte uguali e questo mi aiuta a decidere. Grazie mio signore dei sogni che consegni nelle mie mani, sotto forma di mille itinerari identici, la stessa meta, chiedendomi, ordinandomi, di sceglierne uno.  Grazie perché mi rendi libero" ammicca il deficiente. 
"Tu, mio eroe che prendi a calci le palle degli altri correndo sul verde tappeto che è il mio sogno di rivalsa, grazie che corri e sudi come un toro scatenato, che ti arrabbi per la sconfitta, che esulti per la vittoria, grazie perché io non ne sono capace" piange l'imbecille.
Miti, leggende, miti, leggende, miti, leggende… all'infinito. Oggi uno domani un'altro e quello che resta è niente. 
Uno su un milione lascia traccia nello schema, il resto è invenzione per i troppi corpi che prolificano in terre anguste.
"Dammi un ordine e sarà eseguito, poi, se felice, carezzami la testa ma, per l'amor di dio, non farmi pensare, fai in modo che non debba decidere per me solo, fai in modo che la strada sia tracciata da mano più ferma della mia perché le sbavature le trovo incomprensibili ed astruse." sussurra il demente al suo eroe-padrone.
Miliardi di menti producono un'idea all'anno negli anni prolifici di idee, il resto è mera e subdola sottomissione al potere del "sistema della moltiplicazione dello stesso concetto"
"L'Europa è una tana di talpe" diceva il piccolo signor B. duecento anni prima che l'Europa diventasse l'Europa cerchiostellata.
La tana si è ingigantita a dismisura e come la madre di tutti i formicai si è resa invivibile per l'individuo, ma la moltitudine è cresciuta e si è modellata sull'ambiente che ha trovato e costruito. 
La purga dell'individuo è divenuta la base del benessere comune e nemmeno è accettato parlarne, troppo grande è il potere che regola la massa, troppo importanti e radicati i suoi dettami ed i suoi dogmi per metterli in discussione. 
Considerarsi liberi da certi vincoli, legami, doveri, è peccaminoso come una malattia medievale.
L'eroe degli infiniti cunicoli fa ridere i polli, il bandito assassino è diventato tuttalpiù un bimbo cattivo da rieducare, i capi assoluti sono pagliacci nemmeno tanto ben truccati che governano un gioco che si produce in mirabolanti imprese senza bisogno di loro. 
L'adone si è trasformato in un pollo spennato e unto come un maialino pronto per la cottura. 
La dea della bellezza si è trasformata in una cicogna un pò sovrappeso che cammina su tacchi alti, instabile come un bicchiere senza base e ridicola come un serpente zamputo.
"Cadrai nel fango cicogna, tornerai ad imbellettarti di cipria e ammennicoli puzzolenti caro maialino unto, ma forse non prima che un'immensa esplosione ti mozzi nuovamente la testa."

Troppi cunicoli, intrecciati pochi centimetri l'uno dall'altro, mi fanno sperare che questa immensa vastità duri quel tanto che basta per dare la possibilità alla mia, seppur breve vita, di correre su terre di savana dove calpestare orma umana è più un dovere ed un volere che un obbligo. 

E' proprio tra questi cunicoli angusti che si fa rivedere, facendo capolino, dopo tanto tempo quel soggetto combattuto ed umiliato per millenni.
Il bruto.
Il bruto, la bestia, non è necessariamente violento, anzi spesso maschera con inganni il proprio triste e misero volere. 
Troppo tempo abbiamo ricercato il bruto attraverso i sensi: odore, colore, tatto, voci. 
Il bruto non è altro da noi, e in mezzo a noi, è parte di noi, è lo scarto, il ramo morto, l'errore.
Il bruto esiste, è qui accanto, gli sto parlando ora e nessun impianto morale, nessuna necessità impellente, nessuna presunta superiorità morale mi da il diritto di cominciarne lo sterminio.
Quando arriverà il momento, il perpetuo massacro ricomincerà e non si arresterà fino alla completa distruzione dell'errore. 
E' un processo contro il quale non possiamo e non vogliamo  fare niente.
L'esserino abominevole senza idee e senza sonno, dal corpo di pallina e gli arti smunti si rannicchia sul suo agognato santuario di bellezza in attesa del proprio misero coito, poi si rilassa sulla brandina di seta cotta appena riassestata dalla mamma, confuso ma soddisfatto e si accende una sigaretta senza marca perché nemmeno in questo è capace di scelta.

L'acuminato apice di ragione e sofferenza si rigira nel letto sudato:"dominare o perire?" si domanda l'incerto nuovo insonne, alla luce del bic marrone.
Lasciare, abbandonare, migrare, correre, oppure risolvere, adagiare, combattere con armi morte?

L'uomo ha lasciato che le tremende orde barbariche non entrassero nei suoi confini e non si è accorto, durante la battaglia, che il suo proprio seme generava, nelle tenebre del villaggio, il suo stesso nemico.
Ora al padre tocca sacrificare il figlio in nome del suo stesso potere.
Lo farà.
Non per ora. 
Ma lo farà.
Ma la guerra scenderà sui vinti di un tempo e sui nuovi vincitori ed inietterà malanimo e morte nei cuori dei vicini più vicini.
Ecco che la gloria dell'uomo, si risolve di nuovo in carneficina. 
Ecco che il grande potere dell'uomo, divenuto dissoluto, abbisogna nuovamente di sangue fresco e carne umana per ritrovare la ragion perduta.
Ecco la maledizione del dio che ragiona. 
Oltre la morte, che dà breve durata alle sue carni, la ragione ultima della disperazione, risulta essere l'incapacità di digerire carne umana per troppo lunghi periodi.

La sfida morale del secolo è accettare di essere erbivori in un mondo di carnivori. 

Nemmeno prede capaci di salti miracolosi o scatti brucianti, no, erbivori chiusi nel recinto, neanche buoni per carne e latte, in attesa che le mammelle si avvizziscano ed i peli nelle orecchie incanutiscano.
"Muuuu. Muuu". Urla a bassa voce l'Uomo Mucca. 
Muggisce parole sempre più articolate e sempre più vuote di significato, disquisisce sul colore dei propri zoccoli rispetto a quelli del vicino, tenta di mantenere una linea invidiabile temendo che un certo strato di grasso lo renda appetibile alla belva che si aggira di notte fuori dal recinto. 

"Muuu. Muuu" continua a sbraitare il bovino, di giorno e di notte cercando di accoppiarsi con quello che ritiene il miglior individuo alla sua portata, maschio o femmina che sia.
La fase di accoppiamento, con conseguente sigaretta di paglia successiva, gli annebbia la vista quel tanto che basta per rendere inconsistente la visione del recinto che lo contiene e così, tra una briglia da cavallo ed un pelo da concorso, si dimentica che ruminare è divenuto il suo mestiere dominante, defecare la giusta conseguenza e poi rimangiare ciò che dalle sue feci cresce il giusto compenso
In un ciclo che va verso l'esaurimento.
Mangiare toni e sputare parole, digerire motti e vomitare sentenze, assimilare notizie e sparare conclusioni, utilizzando sempre gli stessi verbi: io e io.
Sentire frasi e riproporre monosillabi, leggere righe e immaginare a quadretti, assorbire dicerie e sudare malanimo, utilizzando sempre gli stessi pronomi: ho e ho.

Una coltellata al mare, una carezza al ceppo, una frase buona alla condensa che scende dall'alto fusto, una lacrima di gioia accelerando lungo l'immensa pianura, sono le poche cose che conosco, l'unica arma da usare contro il misero guardiano di recinti che fa del suo meglio per spiegarmi che anche se il recinto si rompe, è meglio per me non uscire ed anzi cercare di ripararlo.

"Si, grazie, con questi maledetti zoccoli che ho al posto delle mani e che mi impediscono di usare un qualsiasi strumento!?"



  UN UOVO.
di Luca Oddera


"L'onestà costa molto più di una Ferrari!", mi diceva sempre il mio vecchio nonno.
Ed io non capivo e vivevo in un mondo che pareva reale ma che in realtà  era fatto di nuvole.
Poi, piano piano, con il passare del tempo, il cielo si aprì, lentamente, negli anni ed io credetti di comprendere e provai a seguire quella significativa e concreta retta via.
Le nuvole, però, ci misero ancora decenni per levarsi di mezzo, per aprire un buco tanto vasto e sgombro da far entrare il primo raggio di sole.
Ed il sole arrivò.
"Onestà morale!" mi dissi un giorno e tutto divenne chiaro.
"Adesso facciamo i conti! Quante Ferrari dovrò acquistare da qui in avanti?"
Tutto intorno i contorsionisti della morale hanno fatto in modo che la moralità si trasformasse in un mucchio di spiccioli, monete, banconote, conti bancari; di modo che tutto il genere umano si dividesse in due categorie soltanto: i ladri presi e messi in prigione ed i ladri mai scoperti ed in parte moralmente autorizzati.

Se escludiamo una terra con una storia di lacrime e sangue quasi infinita, un genocidio ancora sussultante che ha eliminato dal pianeta milioni di persone.
Se escludiamo montagne tanto alte quanto meravigliose, gorilla e vulcani, dolci colline e veneri nere.
Se escludiamo immense praterie, eserciti e leoni, elefanti e gazzelle, migliaia di chilometri di coste e savane.
Se escludiamo meteoriti e scarpate di viva roccia, foreste interminabili e laghi grandi come nazioni.
Se escludiamo deserti di sale e di sabbia, miraggi di altri mondi, delta allagati ed uccelli multicolore.
Se escludiamo vallate lunari e ferrovie antiche come la terra, mari tempestosi e torri d'avorio.
Se escludiamo tutto questo, da qui, da questo confine fino alla fine del mondo, lungo un sentiero di seimila chilometri, non resta altro che il Malawi.
Lago e montagna e nel mezzo tutta la vita del genere umano, dall'uomo delle stelle al rettile, dall'australopiteco all'"uomo con il computer".

La strada che percorre le vette si snoda lungo percorsi sinuosi, affacciandosi su laghi immensi e strette vallette. I pini lasciano spazio all'eucalipto e quest'ultimo alla mangrovia che scivola nel profondo mutandosi in alga.
Questa strada già percorsa scorre via ed un sussulto raggiunge il cuore: "che sia questo il posto adatto?"


Safari lungo sentieri piste e strade. 
Si snoda così la volontà di viaggiare, disintrecciando vecchi percorsi per vedere il filo tutto in un pezzo, senza pieghe e nodi. 
All'improvviso la voglia di fermarsi diventa più forte di quella di muoversi. la voglia di restare invece cede in fretta il passo alla febbre da movimento. basta raccogliere le idee e vedere cosa si può fare.
D'improvviso, quello che succede ti coglie alla sprovvista. 
Quel filo che sempre percorri diventa troppo stretto e la tua lunga vista troppo debole. 
Conoscere, condividere, esplorare l'interno di quella fantasmagorica e memorabile superficie.
Il tempo che sempre ci resta è troppo poco o breve per non cercare di entrare ed interagire.
Un filo lungo cento chilometri si srotola come un foglio e crea un mondo immenso, un milione di volte più grande, sul quale le persone si muovono, si sdraiano e vivono.
Gli equilibristi del filo, che devono scartarsi al tuo passaggio perché sul sottile c'è posto per una persona sola, possono ora conoscerti ed eventualmente restare o scartarti.
Ecco una scelta.
Fermarsi. 
Non Restare. 
Fermarsi è una scelta piena come un uovo e come esso ricca di senso, significati, analogie e vita.
L'uovo è li, deposto dalla creatura volante più grande del mondo, il pensiero.
L'uovo è li, a metà strada tra il lago e la montagna, salvo ed al sicuro in un paniere fatto di persone, terre e milioni di alberi.
Da qui lo sguardo spazia fino alle vette intermedie e bastano quattro passi per raggiungere la terrazza da cui scorgi l'infinito. Da qui, seduto, scopri che l'infinito è più vuoto che pieno ed è calmo, stranamente calmo.
Troppe immagini, volti, colori, suoni, denti, foglie, incidenti, fumi, nebbie e vetri. fango sudore e fatica; cieli, grigi, blu, rossi, d'oro e d'argento. Stelle cadenti fissate nella corsa, soli accecanti e lune passanti.
Tutto, ad un tratto, si apre e riserva soli cento chilometri di avventura su una strada rossa che porta a mete tanto vicine quanto irraggiungibili.
La terra dei giganti si trova proprio li, tra il lago e la montagna, coperta di un verde senza ombra e da un cielo blu senza nubi all'orizzonte.
Costruzioni che diventano case. Macchie che diventano fiori di tappezzeria. Approssimazioni che dopo un certo periodo paiono lavori ben fatti e macchie d'erba che si trasformano in prati.
Le  facce nere come il carbone si schiariscono ed assumono lineamenti riconoscibili per quello che sono.
"Ecco" ti dice l'Uomo che Passa, "vedi, ora la strada è dissestata e scavata dall'acqua delle ultime notti, ora puoi si percorrerla ma puoi anche appianare le buche, scalzare i sassi e renderla una strada buona. Ora, se te la senti puoi andare avanti all'infinito, puoi portare sassi e consolidare il fondo, puoi portare terra asciutta e creare un manto uniforme, puoi impastare il cemento o comprare e stendere l'asfalto, puoi piantare pali e costruire muretti e poi passare più e più volte per questa stessa strada e puoi farla usare ad altre persone, automobili, animali e carri. Puoi creare la magia del tuo passaggio, una magia non eterna ma molto duratura che, come un vecchio re, un giorno cederà il suo sapere ad un qualche figlio di passaggio."
L'Uomo che Passa dice queste cose senza sapere che parla per tuo conto, senza sapere che non esiste, senza sapere che è una tua invenzione, tale quale quel muretto che forse un giorno sorgerà lì, accanto al selciato.
Sono persone, quelle che abitano questa antica terra di giganti, sono persone che hanno perso qualcosa e trovato qualcosa d'altro; sono persone che sono qui per qualche motivo, non a caso abitano questo posto disabitato. 
Non tutti siamo uguali a questo mondo e che pianga pure l'inventore di questa sbagliata idea. 
Non tutti valiamo per quello che siamo, ma per quello che possiamo fare, dare, avere.

Ecco, uno dei modi è quello di imboccare quel sentiero sulla sinistra, accedere a quella piccola proprietà e provare a stare seduto qualche ora…almeno fino al tramonto.
Poi verrà il buio!


Estratto da "Acque e tamburi"



Quel diavoletto bavoso ed invasato che mi saltellava attorno cominciava a darmi sui nervi.
Avevo compiti ben più importanti ed interessanti da svolgere per stare a perdere tempo cercando di tenerlo alla larga dalla mia persona.
"Tutta l'importanza che ha" mi dissero un giorno, "è quella che gli dai tu!"
Ci pensai su qualche secondo, mi voltai verso di lui e lo vidi dapprima ritirarsi a statura ancor più ridotta e subito dopo…Puff!……svanire in una nuvoletta di polvere e mediocre anonimato…..


Tratto da "Acque e tamburi"  di Mike "Big Man" Butterfield.1996

INTERMEZZO

Seduti, dietro al davanzale, 
guardavamo gli uccellini posati sulle poltrone 
e ci chiedevamo, 
senza dircelo, 
perché mai fossimo lì.

Lì in quel posto, 
così lontano. 

L'unica risposta che trovammo, 
senza dircela, 
era che non volevamo stare in quell'altro posto. 

E comunque adesso eravamo lì, 
a guardare gli uccellini adagiati sulle poltrone di paglia.

Ma due piccoli fantasmini, 
che mi seguivano, 
sempre e ovunque nell'ultimo periodo, 
invece di saltellarmi attorno, 
si erano accoccolati l'uno sulla spalla destra, 
l'altra su quella sinistra e
invece di sputar consigli, 
mi leccavano le orecchie.

Fastidio e solletico,
in egual misura, 
erano senz'altro più ben venuti, 
di qualsiasi inopportuno consiglio.
Loro due, sapevano perché eravamo li
 e mi leccavano le orecchie, 
come per dire: 
"guarda cosa stiamo facendo, dai guarda, ti stiamo leccando le orecchie…eh eh, dai, guarda qui, ti stiamo leccando le orecchie…"

Meno male che loro erano li...

...altrimenti mi sarei perso lo spettacolo di quegli uccellini multicolore che saltellavano e cinguettavano sulle poltrone che avevamo li davanti… 

e
senza di loro,
mai, 
avrei capito perché eravamo lì, così lontano … 


BE OR APPEAR
Di Anna Freud.
Traduzione dall'inglese di Marilyn Monroe e Joe Di Maggio. 


Conoscevo quella persona da almeno vent'anni. 
Si ci conoscevamo ma per anni e anni non ci vedemmo ne frequentammo.
Poi di nuovo avemmo a che fare l'uno con l'altro.
In verità erano più persone, alcune delle quali le conoscevo dalla loro nascita, altre da pochi anni.
Quello che mi ha sempre colpito sono questi personaggi che in qualche modo appaiono o sicuramente appariranno squallidi, quando i veli delle mode cadranno e le foto ingialliranno o risulteranno poco definite dal tempo.
Sono persone estremamente deboli.
Più di una di queste persone mi ha affiancato nella vita.
Simulando miei modi di fare, miei comportamenti, addirittura mie abitudini nel vestire. E si che mi vesto male ed in maniera sbrigativa. 
ma tutto ciò non è di grande importanza, anzi potrebbe essere vista come una sana ed inconscia forma di adulazione o ammirazione.
Il problema sorge quando le cose scendono nel profondo e questi personaggi si appropriano della tua vita attraverso il furto di idee, di frasi, di concetti e quello che è peggio dei tuoi ricordi, che diventano i loro ricordi.
Ecco fatto, una nuova, finta persona è nata. 
Una specie di figlio deforme nato da una relazione in gran parte unidirezionale e mai fisica. 
Il mostro è nato!
I ricordi rubati, in questo caso rubati a me, si inseriscono nella vita di qualcun altro, la storpiano ovviamente, ma il nuovo mostro non se ne accorge, li fa suoi davvero; almeno spero, altrimenti sarebbe un professionista dell'inganno.
Diventano ricordi falsi si ma ripetuti così tante volte da divenire veri, da far parte del suo retaggio. 
Ma stonano. 
Questi falsi ricordi, rubati, stonano perché mal si amalgamano con le scelte personali, con la storia personale e tal volta addirittura con la fisionomia della persona. 
Quindi un nuovo mostro è nato, ma è un mostro finto, una persona fittizia mai esistita.
Un impostore direi.
Nella fattispecie questo tipo di furto è alquanto strano poiché al momento del furto, che non avviene comunque in un lasso di tempo limitato ma è una sorta di processo, l'oggetto del furto non viene sottratto, ne viene invece fatta una sorta di fotocopia, ritoccata e sbiadita che va a far parte di un'altro insieme, un'insieme che mal ci si incolla.

Così mostri e doppioni deformi, di idee, di ricordi, di frasi, di momenti di vita, si aggirano come fantasmi in quella che apparentemente, invece che vita, sembra una casa degli specchi, con un solo soggetto reale e proporzionato e mille nuove immagini riflesse da specchi concavi, convessi o semplicemente difettosi….
Ecco, la realtà diventa poco reale. 
La persona che hai davanti non è quello che dice di essere, non è come vuole far vedere, e non sa nemmeno più riconoscersi per quello che è poiché non può essere onesta con se stessa.
E dall'altra parte l'osservatore troverà deformata quella che era l'immagine originale e proporzionata, la vedrà come una caricatura della caricatura deforme e falsa e quindi perderà, senza saperlo, il senso della realtà e si aggirerà in una casa degli specchi in cui apparentemente non esiste più l'originale.
Per questo, alcune volte, si può dire che la realtà sia una finzione. 
Per questo una persona sensibile, persa nella casa degli specchi, potrebbe sentirsi a disagio, poiché vede mille immagini distorte e riflesse ma in alcun modo riesce a definire la sorgente dalla quale derivano. Ne perde il senso.
Certo si potrebbero rompere ad uno ad uno tutti gli specchi fino a lasciare il soggetto originario a nudo, ma è un lavoro lungo lungo, a volte non basta una vita per romperne uno solo. Quindi ci si lascia andare e si accettano le false immagini.
Tanto, l'importante è sempre e comunque darsi un tono, apparire qualcosa d'altro, perché evidentemente ci si vergogna pesantemente di ciò che si è.
E così il gioco delle parti fa rimbalzare la pallina fino all'atto finale, giorno in cui la morte stessa porterà via qualcuno che solo lei conosce.



36

AXOLOTL

Estinzione.
Si presentano bianchi e trasparenti in cattività 
ma sono marrone/verde quando si trovano in libertà.
Ormai scomparsi da Citta del Messico.



CONTINUA………….






36

MICROBI MICROSCOPICI CHE SOGNANO IL MICROCOSMO PERFETTO.

di J.K.
Traduzione presa da : "What Happened to Kerouac", di Richard Lerner e Lewis MacAdam


Tristezza cieca…meglio miope…la senti ma non sai bene perché, non hai il coraggio di guardare davvero….ma incombe come una nuvolaccia  nera….,,,,in attesa della pioggia, che, sai arriverà….allora sarai costretto a guardare, ad interagire per affrontare…e sai che non ne sarai all'altezza….


LASCIA IL LED ACCESO!
Parte 1 non puoi

Non puoi bere e metterti alla guida. Perché?
Non puoi usare droghe e metterti alla guida. Perché?
Devi mettere il casco in moto. Perché?
Non puoi superare certi limiti di velocità. Perché tu no ma l'auto che stai guidando si? E' lei che li supera,tra l'altro, non tu.
I cuochi dovranno indossare scarpe anti infortunistiche. Perché?
Irrigidimento ed ampliamento (monumentale e parossistico) delle leggi che regolamentano la sicurezza sul lavoro.
Perché gli servi vivo! E possibilmente in buona salute per tutto il periodo in cui puoi essere produttivo!

I pizzaioli devono usare i guanti. Perché?
Non si può fumare dentro non si può bere fuori…
Non puoi decidere chi può e chi non può entrare nel tuo "esercizio pubblico" che è chiaramente privato.
Non puoi pubblicare su fb contenuti ritenuti non idonei. Da chi?
Non puoi votare, o meglio puoi votare ma è come mettere un bigliettino nella cassetta dei suggerimenti…
Puoi sempre scegliere: non puoi fare questo ma puoi decidere pure di non fare quello.
Non si può mettere la web cam in un locale pubblico che è pubblico ma tuo….cosa?
Possono mettere 19 telecamere in un paese piccolo come es. Pontinvrea (nemmeno 800 residenti forse 4/500 abitanti)
Milioni di telecamere (milioni) sono state sistemate strategicamente in tutto il paese (in tutti i paesi) per…non ricordo più…ah, la sicurezza. L'ottanta percento delle aggressioni, forse il novanta sono da parte di conoscenti. quasi la stessa percentuale viene commessa tra le mura domestiche. Telecamere in casa? A quando? e scommetto che se le mettessero ora ci sarebbero pure delle persone che direbbero:"ma si, in fondo…"
No olio nelle oliere ma solo nelle bottiglie che ti vendono, no olio in grandi latte ma solo in bottiglie che possano andare sui tavoli. Perché la raccolta differenziata è un industria che va aiutata (fomentata?)
Devi essere controllabile!


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Parte 2 risparmio energetico

Risparmio energetico che comprende: 
1)spegnere il led della tv (che consuma così poco che ad oggi non sono riusciti a quantificarne i consumi) ed in parallelo tenere accesi centinaia di migliaia (centinaia di migliaia) di fari delle dimensioni di una vasca da bagno che durante la notte illuminano le gallerie. Perché se fuori c'è buio in galleria ci deve essere la luce?
2)Sostituire la lampadina della sala da pranzo con quella a basso consumo..ma ad alto consumismo (perché ad esempio non supporta il regolatore di tensione che ti permettere di avere la quantità di luce necessaria a seconda del bisgno-anche automaticamente) ed in parallelo decine di migliaia (decine di migliaia) di km (si km) quadrati di spazi cittadini illuminati a giorno durante la notte (momento nel quale il 95 percento% della gente dorme e quando si dorme si hanno gli occhi chiusi)
3) spegnamo anche il led dello stereo o quello del computer……il 4 percento del consumo nazionale di energia in Italia è privato il 96 percento pubblico/industriale. Spegniamo il led mi raccomando, che mi sembra tanto come dire spegnano il cervello vah che è meglio….
4) risparmia energia scollegando il "telefonino" quando ha finito la carica…altrimenti? altrimenti cosa? non capisco mica…. ed in parallelo però fateci acquistare cucine con nove fornelli due forni, un'illuminazione da sala operatoria e metteteci in testa di tenerle pulite come se fossero un laboratorio della NASA utilizzando litri di ottimi detergenti che poi scarichiamo doverosamente negli scarichi. Occhio al germe, uno si salva sempre, occhio perché quell'unico che si salva è il più scaltro e vi si infila dritto nel…….

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Parte 3 il caffè

Discussione al bar: "io sono per il risparmio energetico". " pure io, non sopporto gli sprechi ed inoltre faccio la raccolta differenziata." Intanto ordinano un caffè normale ed uno ristretto. Un mostruoso macchinario grande quanto un armadio pieno di led, spie, lampadine e scritte che scorrono illuminate sbuffa, va in pressione, produce rumori, si girano valvole si aprono rubinetti del gas, si staccano interruttori, si spostano leve. sbuffi di vapore ad alta temperatura si sprigionano dagli ugelli del mostro, le temperature salgono così tanto che le tazze ed i piattini posati sopra al mostro sono difficili da maneggiare perché scottano. l'acciaio trema, i condotti si contraggono. Intanto la macina di fianco si attiva in automatico producendo un ringhio acuto e macina 12 mezzi chicchi di caffè. Tinc, tac, slum, plin, bum,bam. Movimenti rapidi, conosciuti, consumati!  E poi la magia: Un caffè! Si, un caffè! Un dito di caffè in una tazzina larga 4 centimetri con il fondo bombato. Una quantità di caffè così piccola che quasi è inquantificabile come il nostro led!
Uno dei due prova a bere il caffè poi dice: "aspetto un momento perché è troppo caldo" e l'altro :" cos'è sto schifo, avevo richiesto un ristretto!" (il ristretto è la stessa microdose meno una micromicrodose…potrebbe essere chiamato anche "sputo")
Il mostro d'acciaio ricomincia a sbuffare e stantuffare mentre il macinino trita altri tre (3) mezzi(1/2) chicchi di caffè.
Intanto, dall'altra parte del mondo, in una regione di verdi colline alcune donne con la pelle nera come il carbone sono piegate sotto al sole e raccolgono strane bacche verdi e rosse che se le metti in bocca vomiti dal disgusto!

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Parte 4 Burocrazia

Inventiamoci una burocrazia così da dar lavoro ai cugini dei cognati della sorella del nonno dello zio del fratello di…..un signore che nessuno ha mai votato ma che decide delle cosette. Inventiamoci ancora qualche burocrate sfigato ma mi raccomando, non inventiamoci dottori, infermieri, maestri e professori…quelli no, non servono a niente. 
Inventiamoci la dichiarazione antimafia e l'autocertificazione che è auto…ma che poi la maneggia qualcun altro così ha qualche scartoffia da spostare e spolverare nei giorni uggiosi di fine inverno. Ma per l'amor di dio non inventiamoci dei buoni meccanici che poi magari succede pure che aggiustiamo le macchine, eh no, questo no, la macchina rotta va cambiata!

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Parte 5 L'auto

Mettiamo i limiti di velocità a 90 km all'ora, poi vendiamogli auto che fanno i 350 km all'ora (è in commercio compratela!) e che hanno le forme e l'aerodinamica di un razzo interstellare. facciamogli vedere film in cui i protagonisti ne non guidano come piloti di f1 non si possono spostare e poi, mettiamogli la cintura così si sentono dei piloti veri poi, così esaltati, sedile sistemato, cintura allacciata, occhio da volpino e piede sull'acceleratore fermiamoli  mentre vanno ai 95 e togliamogli la patente ed il diritto di muoversi, di lavorare ecc ecc.  Spegni ll Led che è meglio!   


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Parte 6 l'acqua
Duemila anni di civiltà (tremila,quattromila forse?) per avere diffusa su tutto il territorio l'acqua potabile ad ogni rubinetto, pubblico e privato. acqua potabile e fresca in ogni casa,ufficio,negozio, piazza, in ogni antro, decine di milioni di rubinetti da cui esce acqua potabile, una conquista che fa impallidire l'atterraggio sulla luna. Davvero!  E quindi, tentando di azionare il Led che facciamo? Ci incamminiamo verso il primo supermercato e compriamo dell'acqua in una supposta di plastica che arriva da centinaia di chilometri di distanza che utilizza, per essere, fuoco, fiamme, petrolio, arsenico, legno, carbone, fusione, meccanica pesante, gomma, tir, autostrade, muletti, ecc. ecc. ed è la stessa acqua che esce dal rubinetto.   Il led lampeggia!


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Parte 7 i deodoranti

I deodoranti fanno puzzare!  ma dai non scherziamo…… Se i deodoranti non facessero puzzare appena terminato il loro ciclo (da pochi minuti a poche ore) a cosa servirebbero? se pensi che servano a levare i cattivi odori e basta vuole dire che pensi di essere un puzzone che emana cattivi odori! Quindi lavati! Zozzone! (si e poi mi metto il deodorante…..) ecco che il led si spegne.


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Parte 8 la bottiglietta di vetro

Costa meno comprare a 30 centesimi una bottiglietta di vetro o di alluminio con dentro un centesimo di prodotto (esempio coca cola) e poi gettare la bottiglia nel cesso, nel bidone, per strada, nel contenitore per la differenziata (e il tappo)  piuttosto che riportare la bottiglia in fabbrica e riempirla di nuovo. Perché? Semplicemente perché non è vero. Il camion che porta qualunque cosa in qualunque posto ritorna sempre nel luogo d dove è partito. E quindi? Restituisci la bottiglietta! Ladro! Nulla si crea nulla si distrugge quindi quella bottiglietta per essere fatta deve avere alla base delle sostanze che vengono portate alla fabbrica e quindi? Restituisci la bottiglietta! Ladro! Bisogna dire che comunque dobbiamo aiutare le vetrerie a lavorare e produrre sempre di più. Allora facciamo così: Facciamo un tre per sei, ovvero compro una bottiglietta di coccola ed in omaggio ne ho altre cinque vuote, chiuse nel nylon e poi in una scatola di cartone. Mi bevo un sorso di coca e do lavoro a cartiere, produttori di nylon, vetrerie e sopratutto petrolieri e raffinerie.  Avvertenza: non versare il contenuto della bottiglietta piena sul led, potrebbe causare un cortocircuito).


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Parte 9 Riscaldamento domestico e risparmio energetico

Bisogna risparmiare sul riscaldamento domestico per aiutare l'ambiente! Dice questo un signore seduto nel salotto di casa sua assieme ad un gruppo di amici. 
Sono tutti in maglietta a maniche corte o camicia. In casa ci sono 26 gradi, fuori meno 12, ha speso un'enormità per mettere i serramenti conformi in anodizzato con tripli vetri con gas nelle intercapedini a finestre che però sono grandi come pareti. Ci picchia sopra le nocche con fare soddisfatto. Intanto nei meandri della città vetuste tubature trasportano combustibili fossili a piccole centrali termiche che usando l'elettricità prodotta con altri combustibili fossili che passano in altre tubature ed arrivano ad altre centrali termiche, trasformano il gas in calore che riscalda l'acqua che scorre in altri tubi che giungono in radiatori molto chic che permettono al signore che parla di parlare in maniche corte.
Nello stesso momento un altro signore se ne sta' a casa propria con alcuni amici e stanno progettando un viaggio di sei mesi in un paese tropicale dove la temperatura media è di 28 gradi. Ai vetri delle finestre che stranamente hanno le dimensioni proprio di finestre, ci sono vetri normali ed i serramenti sono in legno (quel materiale ipertecnologico che in base agli sbalzi di temperatura ed umidità si modifica in modo da permettere il ricircolo dell'aria e la non formazione della condensa, quel materiale che sembra venire dal futuro che ha un solo difetto: quando invecchia diventa meraviglioso! Questi uomini indossano delle felpettete e dei maglioncini leggeri!


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Parte 10 La vacanza ecosostenibile

Una coppia sta' organizzando il viaggio della vita. Un mese in un paese (ameno più o meno) in climi tropicali. Sono decisi a fare una Vacanza Ecosostenibile) La stanno progettando da mesi.
Primo passo per una vacanza Ecosostenibile: 
prendere un mezzo di trasporto grande come un palazzo di sei piani, del peso di centinaia di tonnellate, provvisto di 4 motori Rolls Royce grandi come un monolocale che bruciano due litri di cherosene al secondo (si al secondo ma solo quando è in quota, per il decollo non ne parliamo) e farsi sparare a dieci chilometri di quota alla velocità cui si muove il suono. Forse per eco si intende l'eco dei tonfi delle pompe dei pozzi di petrolio…….
Una vacanza ecosostenibile si fa a piedi partendo da casa, nei dintorni, bevendo acqua del rubinetto.
E va anche bene se quando parti ti dimentichi il led acceso.



di Luca Oddera

ASSURDISTAN
Di Stan Assurbanipal
Traduzione dal zumerò cuneiforme di Zecharia Sitchin

Assurdistan era una specie di stato nello stato.
Avevano iniziato a chiamarlo così per deriderlo e poi, come per magia….era diventato d'apprima il nome che designava tutta la massa burocratica, poi quello che identificava i migliaia di dirigenti e politici e poi, con il tempo era diventata una proposta di legge…"cambiamo il nome del nostro paese e chiamiamolo Assurdistan" .. ci piace assai.

La popolazione era pronta a votare da casa e non sia accorgeva che questo era l'ennesimo test!  
Se avessero votato per il si, ovvero cambiare il nome e chiamare la propria patria Assurdistan, allora, chi tirava i fili, sarebbe stato quasi certo al cento per cento che il popolo era pronto a fare qualunque cosa. Basta saper chiedere.
Avevano già testato il loro straordinario potere in mille modi, ma volevano essere sicuri.  Le leggi sulla Dopamina dell'anno precedente avevano riscosso un enorme successo tra un'ampia fascia della popolazione, facendo sentire la gente più' sicura e certa che ognuno poteva dire la sua.

La dopamina in quel periodo era presente quasi ovunque (grazie al decreto governativo di dieci anni prima)…..




CONTINUA……..

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