I TRE GUFI


  
TRE CLIENTI
Tre signore con i mantelli rossi camminavano sul ciglio della strada.
Le scarpe tutte nere facevano scricchiolare l'ultima neve caduta.
Grrrup.Grrrup. Grrrup.
Quello dei passi sulla neve fresca era un rumore che Gertrude aveva sempre trovato insopportabile. Forse più del gessetto sulla lavagna.
Qualche fiocco cadeva ancora, lento e morbido, nel giorno che diventava notte piano piano.
L'aria era pulita e tersa, sembrava ferro trasparente e liquido. 
Tre gufi erano fermi sul parapetto mezzo arrugginito, due girati verso la strada, uno, quello in centro, girato di schiena.
Un gufo teneva gli occhi chiusi, un altro aperti , gialli come due fari.
Il gufo che stava in mezzo, quello che dava le spalle alla strada, teneva un occhio chiuso ed uno aperto ma le tre signore non potevano vederlo.
Anzi, nessuna delle tre signore si era accorta della presenza dei gufi.
I gufi non dormivano. nemmeno quello con gli occhi chiusi.
I gufi, per quello che ne sappiamo non dormono mai.
Le signore con i mantelli rossi, invece, ogni tanto dormono. Ma ora non dormivano, stavano camminando sotto la neve.
I gufi, silenziosi, invece, stavano fermi.
Lontano un belato, vicino uno squittio e su in cielo un urlo acuto.
Un po' di asfalto traspariva attraverso la neve sottile e gelata, ma per il resto tutto era bianco. Bianchi i campi, bianchi gli alberi e i tetti, bianchi i margini della strada ed i recinti. Bianchi erano anche i sentieri battuti che si dipartivano di qua e di la. Bianchi i contorni delle stalle e gli anelli attorno ai camini.
Nera scendeva la notte.
Veloci le tenebre scivolavano sul manto bianco rendendolo prima grigio ed indistinto, poi, mano a mano che gli occhi si dilatavano, con l'aiuto della luna, le superfici diventavano opalescenti e quasi irreali.
Alle spalle delle tre donne il sole aveva oltrepassato la linea delle irte colline, di fronte a loro ancora una vetta scintillava sulla cima nutrendosi degli ultimi raggi che la sfioravano.
Ancora qualche secondo e poi , unica luce, sarebbe rimasta la luna.
Pochi minuti prima Gertrude e le sue amiche avevano camminato, quasi passeggiato, con il sole che le riscaldava le spalle. Avevano indugiato, chiacchierando e guardandosi attorno. Tanto all'arrivo dei primi clienti mancavano almeno più di due ore.
Ora, superate dalla linea delle tenebre accelerarono il passo e presero a respirare con più affanno.
Gertrude, Matilda e Soraya.
Bionde le ultime due e more la prima. Nessuna aveva i capelli del proprio colore naturale.
Gertrude alzò la testa:"Domani, se mi hanno aggiustato la macchina, scendiamo giù in città a comprare qualcosa?"
"Io ho bisogno di una pelliccia" disse Soraya, "ma mi sa che opterò per un cappotto".
"Un altro?" le fece eco Matilde.
"Si, un altro, un altro perché questo che ho addosso non mi piace più, è vecchio e mollo e mi cade addosso come fosse uno straccio"
Gertrude rise e disse che se non sapeva più che farsene poteva regalarlo a lei, visto che anche gli stracci la facevano sembrare una principessa.
Il freddo cominciava a farsi sentire, penetrando il cuoio delle scarpe, arrossando naso e guance ed accarezzando le fronti.

La luce gialla illuminava poco e male la neve davanti al "Coniglio Viola".
Un faretto sopra la porta a forma ovale e qualche fessura di luce che filtrava dalle sei finestre, era tutto ciò che si vedeva.
Così sotto la neve e poco illuminato, poteva davvero assomigliare alla tana di un coniglio, o per lo meno la ricordava un po'.

Pochi minuti dopo un uomo grande e grosso aprì la porta e Gertrude, Matilda e Soraya entrarono una dopo l'altra, a testa china nell'atto di tirasi giù i cappucci.
Come tre brave conigliette si infilarono nella tana. L'uomo in abito scuro diede un'occhiata all'estero e poi entrò anche lui chiudendosi la porta alle spalle.
La luce che per un attimo aveva illuminato il viottolo di entrata scomparve assieme alle tre donne e sulla strada rimase solo il silenzio ed il lieve ronzio, quasi elettrico di tre gufi, gli stessi di prima, che stavano ore posati di fronte al Coniglio Viola, appollaiati sulla staccionata di legno. Quello di destra aveva gli occhi aperti, quello di sinistra li teneva chiusi e quello in mezzo dava la schiena al locale e non si poteva vedere come tenesse gli occhi, ma supponiamo che ne avesse uno aperto ed uno chiuso.
Tre occhi gialli aperti e tre chiusi. 
Tre gufi sulla staccionata che ronzavano piano piano, nel freddo della notte.
Se nessuno li avesse disturbati, sarebbero rimasti li a vegliare per tutta la notte.
Grrrup.Grrrup. Grrrup


La neve scende leggera.
Un sottile vento la soffia.
I fiocchi si sparpagliano.

La notte arriva nera.
Il gufo la ringhiera graffia.
Gli asini cupi ragliano.


Un cane abbaia.
Un occhio si schiude.
Due restano quattro vedono.

Allegra è Soraya.
Senza il vestito Gertrude
Matilde in ginocchio chiede perdono.


Di quattro gufi ne manca uno.
Nessuno l'ha mai visto.
Ma allora esiste?

Nella stanza entra qualcuno.
Ha uno sguardo sinistro.
Scende la veste? Resiste?



L'INCIDENTE

90 chilometri all'ora, c'e ancora della neve per strada. La macchina dentro è calda e le luci del cruscotto illuminano un micro mondo fatto di panno e plastica. La musica che esce dalle casse è completamente fuori luogo (Heywele- Ethiopique)
C'è stato un terremoto da qualche parte del mondo, lo diceva la radio prima che fosse zittita per mettere della buona musica. 
John guida con precisione, sa esattamente come si guida sulla neve: non toccare il freno, usa le marce ed il motore, usa la neve invece che contrastarla, divertiti in salita, stai attento in discesa. 
Guidare sulla neve in certi momenti può assomigliare a guidare sulla sabbia. 
John sa guidare sulla sabbia ed è per questa ragione che ascolta proprio le Ethiopique.
Guidare sulla neve e sulla sabbia sono due tecniche che si somigliano molto, ma bisogna fare attenzione perché sono anche molto diverse; è proprio per questo motivo che, John, immerso nell'ascolto della musica, rapito da paesaggi lontani, commette un'errore, pigia il freno un po troppo, la macchina slitta, scappa di lato sul frontale, John si riprende dai suoi pensieri, torna al presente, lascia il freno, accompagna la sbandata, lascia che la macchina vada dove vuole ma facendola rallentare quel tanto che basta da uscire dal pericolo, allora si rilassa e fa in modo che l'auto compia un completo giro su se stessa. 
La strada sfugge dal cono di luce, i fari illuminano il bosco li accanto, lo accarezzano da una parte all'altra, tornano ad illuminare la strada ma questa volta quella già percorsa. Il posteriore della macchina si avvicina al ciglio ma tutto fila liscio. Pochissimi secondi e tutto torna come prima.
Sapore di ferro in bocca, sensazione di farfalle nello stomaco e velocità ridotta accompagnano ora John per una decina di minuti.
Manca forse un'ora all'alba, il cielo è ancora nero, in giro non c'è nessuno tranne qualche lepre e cinghiale.
Gertrude è a letto, la sera prima ha lasciato il Coniglio Viola in anticipo perché c'era poca gente, solo qualche amico e due o tre dei soliti clienti. Soraya, Matilde ed il Nero avrebbero potuto gestire la cosa da soli. 
Nessuno va in giro con questo tempo, non i delinquenti, non gli uomini delle tasse. 
Il telefono si illumina. Un Messaggio di Soraya appare sul display: "Jhon Sei sveglio!? Puoi venire giù al Coniglio?"
John prende il telefono e manda un messaggio vocale: "Sono sempre sveglio! Tra cinque minuti sono lì, è successo qualcosa? Cosa fai ancora li?"
Ecco, Jhon con la h prima della o, ma come mai tutti fanno sempre confusione? Va bene lo stesso pensa John, tanto è un soprannome e quindi lo si scrive come si vuole, però dai, se per me è un soprannome per milioni di persone è un nome!
Soraya non risponde.
Il cielo intanto perde qualche tono di nero e timide appaiono in alto le cime degli alti pini. Sotto di esse l'oscurità del bosco la fa ancora da padrona. 
A John piace un sacco quest'ora del mattino, quando la luce comincia ad invadere tutto. è come se vincesse una battaglia, è ancora buio ma sai che la luce sta' arrivando e con le tenebre si dissiperanno anche i timori ma sopratutto gli errori del giorno precedente. Il giudizio della notte è al termine, un nuovo giorno di possibili redenzioni sta' per cominciare. 
Tutto quindi, in teoria, è possibile. Da adesso in poi.
Tutto è possibile, anche non cambiare niente, lasciare che tutto proceda come sempre. Non scegliere è comunque una scelta, qualcosa che forse va bene così. Ma in questo, John vede qualcosa di sbagliato, lasciare andare troppo le cose senza fare scelte che le cambino, sembra poco serio, pare quasi che si decida di non assumersi responsabilità. 
Un pò come dire, insomma, sono qui ma non è colpa o merito mio. Quindi tutto ciò che succede è destino, non posso farci niente. 
Ma John forse pensa che sarebbe meglio cambiare le cose, farsi carico delle scelte e poi sopportarne le conseguenze.

Intanto dietro la curva appare la luce gialla che si diffonde dal Coniglio Viola. 
Il cielo si si è schiarito ancora un poco. Nel piazzale antistante c'è solo una macchina, con una portiera aperta e le luci accese che puntano il bosco.
Qualcuno è pronto per accompagnare a casa Soraya…o Matilde.
John parcheggia con una piccola scivolata, spegne la macchina e scende.
Niente musica, per un momento il silenzio della neve avvolge tutto, un silenzio freddo, bellissimo.
Ma è solo un momento. 
Un gufo lancia un urlo, poi voci concitate escono dal Coniglio, seguite da Soraya che corre verso John con addosso il cappotto lungo e la faccia bianca più della neve.
"Jhon, Jhon, corri dentro corri dentro" gli dice,intanto lo raggiunge, lo prende per un braccio e lo tira verso la porta. 
John entra nel Coniglio.
L'ambiente è ancora caldo nonostante la porta sia già bloccata come si fa quando si pulisce il locale prima della chiusura. Le stufe ancora accese, la musica spenta. 
Il Nero è appoggiato al muro appena dopo la porta, bianco in faccia anche lui, guarda John con gli occhi sgranati:"Ma cosa è successo? Io non capisco cosa è successo!"
John risponde. "Non lo so, di cosa parli? Sono appena arrivato"
Matilde è seduta poco più in là, ha le guance rigate di lacrime e fissa un punto perterra davanti a se. 
John non può vedere, c'è ancora il muro di mezzo.
Fa qualche passo, mette una mano sulla spalla di Matilde e segue con lo sguardo quello della donna.
Soraya è ancora attaccata al braccio di John, sembra quasi che voglia trattenerlo.
Perterra, davanti al bancone del bar c'è un corpo in una posizione scomposta, la faccia al suolo, un braccio allungato di fianco, uno sotto il corpo, le gambe accavallate.
Pantaloni beige, stretti: Scarponi neri. Un Giaccone nero con il pelo bianco al collo.
Sul pavimento a scacchi rossi e neri c'è del liquido che sembra sangue, ma lo sembra solo perché esce da sotto al corpo, perché le luci gialle ingannano. Potrebbe essere qualunque liquido.

"Critso ma cosa è successo?" chiede John. 
"Non lo so, non lo so. Cosa è successo?" risponde il Nero ancora dietro al muro.
"Ma è morto? Chi è?" chiede John
"Si, certo, è morto" dice il Nero "ho controllato" continua "e per quello che ci capisco è morto stecchito, è tutto rovinato in faccia. C'e sangue dappertutto.
Un urlo altissimo arriva da dietro John che si gira di scatto con i testicoli che si ritraggono istantaneamente alle dimensioni di due ciliegie.
E' Matilde, che urla ancora, si alza e scappa via, apre la porta della cucina e scompare. 
"Cristo, soriana ti prego, vai da lei, falla smettere, dalle qualcosa da bere" dice John
"Secondo te dobbiamo chiamare la polizia?" chiede il Nero.
"Ma por…certo che bisogna chiamarla, non lo avete fatto?" chiede John
"Aspettavamo te" dice il Nero
John prende il telefono e chiama con il vivavoce.
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"Ma, hai visto chi è" chiede john al Nero, il quale intanto gli si è avvicinato e fissa il cadavere.
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"E' il figlio del colonnello, John, il figlio del colonnello, che cazzo ci faceva qui al Coniglio Viola?"
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"Oh Madonna santa." quasi urla John
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"ma porca puttana, come si fa adesso?" continua John
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"Chi c'era qui? Quando è successo?"
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"Non c'era nessuno qui qu……" viene interrotto il Nero
tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 
"Sono le cinque e mezza lo sai?" si sente la voce del capo della polizia che finalmente arriva dal telefono.
" Emmanuel, sono John…"
"Lo so che sei Jhon, altrimenti a quest'ora col cavolo che rispondevo, cosa succede?"
"Senti qui è successo un casino, sono Arrivato ora al Coniglio, c'è un morto davanti al bancone…."
"Due morti" dice il Nero, "due persone morte", continua.
"Cooosa!" esclama John girandosi verso di lui.
"C'è la figlia di Doc, fuori, in macchina, morta sul sedile."
"Mah mio dio, Alina? Ma cosa dici?"
"Cosa state dicendo? Un Morto? chi? sei sicuro? si sente la voce di Emmanuel arrivare dal telefono.
"Scusami, non capisco, il Nero dice che Alina è morta, fuori in macchina, scusami sono appena arrivato, non capisco, ti prego corri qui. " chiede John
Dall'altro capo del telefono:"State calmi, non toccate niente, non fate niente, uscite fuori e aspettate. Chiama il capo della polizia subito…"
Jhon:" sei tu il capo della polizia"
"Il "tuo" capo della polizia" dice Emmanuel all'altro capo del telefono, "io sono "un" capo di polizia, chiama la stazione di Borgo, hai il numero? Se non ti risponde fai il 111 e parla con loro, con calma, digli come ti chiami, dove sei, cosa è successo, con calma…io arrivo"
Click

Jhon va verso la porta, esce seguito dal Nero. fa più freddo.
Ha ricominciato a nevicare. Fiocchi grandi che scendono lenti. 
Le tracce delle pochissime macchine sono quasi cancellate.
Il mondo è più chiaro il sole sta' sorgendo dietro ad un cielo bianco. Si sentono degli uccelli cinguettare.
John pensa al deserto, chissà  perché. per un secondo si allontana da tutto. pensa a Gertrude addormentata, deve chiamarla? No è meglio che dorma. Che si riposi. Quando Gertrude è a casa che dorme John si sente bene, sente che tutto è a posto. Quando Gertrude è al caldo nel grande letto di casa anche lui sente del tepore che si diffonde. E' solo una sensazione, ma funziona.

La macchina parcheggiata fuori si sta coprendo di neve, John s'incammina ma il Nero lo trattiene: "non andare, è orribile"
"Sei Sicuro che sia Alina? Voglio Vedere. Cosa ci faceva qui con quel…  figlio del colonnello? chiede John.
"E' morta John, Alina è morta, è la in quella macchina, non andare a vedere è orribile. Chiama la polizia"
Jhon si rianima, prende il cellulare, scatta molte foto di quello che rimane delle impronte dei pneumatici nel parcheggio e sulla strada e poi chiama la polizia.

tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 

Matilde è in cucina, seduta sul piano da lavoro con le gambe penzoloni come una bimba. Soraya le ha fatto un caffè.
Il Nero si accorge di stare piangendo e si asciuga le lacrime e pensa che forse dovrebbe andare a chiudere la porta della macchina. Alina prenderà freddo.

In alto, dall'altro lato del parcheggio tre gufi sono appollaiati sul ramo di un'albero, in riga, due rivolti verso il Coniglio viola, quello in mezzo rivolto verso il bosco. Sono troppo lontani per capire se abbiano gli occhi aperti o chiusi.Uno, quello di sinistra ha un fremito e poi spicca il volo, Plana dolcemente verso il piazzale antistante il Coniglio, vira a sinistra e si allontana lungo la statale. Sempre più lontano cabrando verso il cielo che si fa sempre più chiare e poi scompare dalla vista.

tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 

Sempre più neve. sempre più silenzio, sempre più bianco, sempre più luce.

tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 

tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 

tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, tuu, 

























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