domenica 10 marzo 2019

ETHIOPIA

di Luca Oddera

La strada si trasforma piano piano. le curve, una dopo l'altra prendono il posto degli infiniti rettilinei. La strada sale, scende, si inerpica, si inabissa, oltrepassa villaggi colorati e si macchia di orina e sterco dei mille animali che la passeggiano, la percorrono la seguono, la attraversano, la vivono.
Carri, carretti, biciclette, piccoli furgoni trasformati in traini per asini, casette sulle ruote, bambini festanti ed animali addormentati.
è pericolosissimo percorrere queste strade tortuose, un traffico eterogeneo di mezzi ed umanità usa la strada come piazza, come casa, come campo da gioco come ambiente di lavoro.
Le carreggiate si trasformano in spianate ardenti usate come seccatoi, i ponti in trampolini per tuffi, i brevi rettilinei sono campi da calcio perfetti, le zone di tiepido asfalto ombreggiato diventano stalle a cielo aperto. 
I pochi slarghi vengono utilizzati come mercati, mattatoi fermate dei bus stracarichi.
La vita brulica lungo la strada e si disperde negli sterminati campi che costellano le dolci colline lussureggianti. 
La gente sorride, sbraita, si arrabbia, si fa da parte e addenta una banana.
I residui bellici arrugginiti sono accostati nelle cunette come temporanei monumenti a quella guerra che qui è sempre dietro all'angolo.
Le spianate punteggiate di vibranti residui di sacchetti di nylon, si affacciano su abissi panoramici che hanno dell'incredibile, che danno l'impressione di poter osservare tutta la Terra con un unico sguardo.
Le catene di montagne sfumano all'orizzonte troppo lontano per essere percepito. Ogni Fila di monti è più scura della successiva e più chiara della precedente. 
Onde di terra pietrificate nel mare di questa umanità festante che digerisce manioca e banana ad ogni nostro battere di ciglia.
La strada è un capolavoro di ingegneria, è un'opera d'arte lunga duemila chilometri distesa a disegnare e cadenzare il passo ed il passaggio dell'uomo su questa terra.
Ogni curva ne inventa un'altra ancora più stretta ed improbabile, ogni tornante ne lascia presagire un altro più stretto e ripido, superando pendenze impossibili e correndo lungo colline verticali. 
Ogni curva inventa sua sorella , la sua strana cugina la sua folle parente per fare in modo che i ponti siano sempre pochi, sempre meno.
Ma quando l'asfalto non ne può fare a meno si getta sul cemento in un salto vertiginoso su un baratro che divide il pianeta come una ferita. 
"Di là dal ponte tra gli arbusti" la discesa si trasforma in salita. 
Gemelle opposte conducono i viaggiatori lungo abissi speculari.
I motori diesel arrancano, quelli a benzina fischiano, gli asini abbassano le orecchie, gli uomini sudano i viaggiatori attendono.
I santi al braccio i cristi al collo, le croci sulle fronti, i santuari in mezzo al lago e sulle montagne, dio ovunque ed uomini dappertutto. 
Antichi monasteri di roccia osservano come anziani il gioco dei bambini e le nuove chiese con il tetto in lamiera chiedono quando scenderà il sole cocente.
I telefoni portatili squillano in città e l'asino raglia nel villaggio.
La cattedrale tenta di fare bella mostra di se sotto il sole della città, davanti ad un giardino abbandonato e ad una rotonda affollata.
Il sasso scolpito in foggia di pietra cuoce i suoi peccati come un forno immerso nella calura limpida delle montagne di roccia.
La chiesa di assi e lamiera accoglie mille persone al minuto intente a dimenticare il rutto di manioca ed il rigurgito di banana. 
Mille visi speranzosi che sognano una capra cotta e limpida acqua domenicale.
Intanto il sole scende sul cartello stradale che nomina due località: una a 1320 km l'altra a 1400.
Lascia che il tempo si dilati e si acquieti altrimenti non arriverai mai.



"Tramonto"
Nord-ovest Ethiopia.




"Proud"
Nord-Ovest Ethiopia.




"Attrezzi per parco giochi"
Ethiopia centrale.

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