mercoledì 13 marzo 2019

CONGO 2


Il coniglio gigante è ora fermo, accovacciato a pallina e freme facendo vibrare il pelo. 
Il coniglio Gigante fremendo produce un rumore spezzettato come di foglie secche ancora sull'albero che vibrano colpite da leggere raffiche di vento.
Il coniglio gigante non parla ma produce rumori più comprensibili delle parole.
Il rumore che sento ora non mi piace per niente. 
Sono attratto da queste frontiere come un orso dal miele e pare che nulla possa interporsi tra me e lei.
Anche quando, per finta, tenti di non oltrepassarla lei ti attira come una calamita ed in un secondo sei dall'altra parte, di nuovo in quel mondo parallelo al nostro, in quel mondo tenuto nascosto a tutti, in quel mondo che non conosce ne capelli colorati ne sesso di gruppo libero.
Salti dall'altro lato in men che non si dica e scopri che la vista del tuo bianco torace è sconveniente se non vietata, che la nudità al bagno pubblico non è un problema perché il corpo nudo è creatura di dio, ma che la donna che ostenta un seno abbondante nell'ombra della notte è una prostituta del demonio.
Qui Gesù è redentore e le armi sparano verso gli uomini, i carri armati   cigolano verso le città e non verso i musei, i fori nella pelle non sono ornati da orecchini, ma contornati da pelle nera bruciacchiata.
I capelli lunghi non sono veri, quelli corti sono solo neri.
In questo mondo il costo giornaliero per mantenere un capello lungo pulito è pari a quello di un giorno di cibo per il tuo bambino.
In questo mondo essere ignoranti non è una libertà come nel mondo da cui arrivo, qui un libro è un oggetto di valore, anche se non è nella lingua desiderata.
Qui, andare a piedi scalzi, non è una forma di ribellione molliccia e perdente, ma un modo per morire prima.
Qui il riciclo dei beni di consumo non è un detergente per le coscienze di coloro che sprecano mille e riciclano uno. 
Qui si usa dieci, si ricicla dieci e si lascia zero sulla terra calda.
I signori degli attentati vivono lontano da questa miseria, i signori delle guerre anche ed i signori della pace stanno più alla larga possibile da questo posto dove vivere e morire sono la stessa cosa.
"Il Congo è la nostra Africa interiore". 
Quel posto che c'è ma non si vede, quel posto che è l'essenza di tutti i viaggi, quel posto che il viaggiatore evita come la peste ma che ricerca in ogni ostello, in ogni albergo, in ogni città, in ogni savana che visita.
Gli spari echeggiano nella notte e gli occhi gialli dei soldati dimenticati si chiudono solo al mattino, stanchi e spaventati come quelli di un bimbo insonne.
I fiumi marroni scorrono lenti attraverso vallate preistoriche ed abbozzi di strade tentano di percorrere maestosi scenari perduti.
Attraversare questo territorio è un privilegio unico, da la sensazione rara di essere in pochi sulla terra. 
La paura viene sconfitta naturalmente dalla meraviglia e dal dolore, dalla stanchezza e dalla gioia.
Il volante vibra, i militari attaccano, l'esercito minaccia ed i ladroni ammiccano, mentre un bimbo si avvicina e chiede una caramella, di qualunque gusto, colore e marca, basta che contenga un poco di zucchero dolce.
Il tragico permea la vita di queste vallate come un liquido denso e vischioso annullando quel senso di infinita attesa che impregna la nostra ricca ma povera società. 
Qui il sorriso è aperto e la brutalità non repressa non si trasforma in piccola cattiveria quotidiana.
La cattiveria gratuita del nulla.

Tududum, tududum, tududum. 
Scrolloni, colpi frenate sterzate e tonfi. 

La strada sembra non finire mai.


di Luca Oddera

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